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Conte, canti e filastrocche

A mblà mblà ci-cì co-cò      A mbla mbla ci-cì co-cò
Trè cevètte sop’o comò       Trè civette sul comò
Ca facèvene l’amòre           Che facevano l’amore
Che la fìgghie du dottòre   Con il figlio del dottore
U dottòre s’ammalò            Il dottore si ammalò
A mblà mblà ci-cì co-cò.     A mbla mbla ci-cì co-cò.
(La presente conta va cadenzata con la sillabazione).
 Sotto il ponte ci son tre bombe
Passa il lupo e non le rompe
Passa il figlio del nostro re
E le rompe tutte e tre.
Iùne, du e trè...attòcch’a ttè.
  Uno, due e tre...tocca a te.
(Era un’altra conta).
Pomodoro oro oro
Oro di bilancia ancia ancia
Quanti giorni sei stata in Francia?
Dieci!
Uno, due, tre, quattro, cinque,
Sei sette, otto nove, dieci.
(Faceva parte dell’inizio di un gioco).
Lamba lambe, chiòv’e scambe    Lampo lampo, piove e spiove.
A la lambe, a la lambe               Alla lampa, alla lampa
E ccì more e ccì cambe               E chi muore e chi campa
E ccì cambe a la fertùne             E chi campa alla fortuna
Mò ve vògghie auuandà iùne.    Adesso voglio afferrare uno.
(Era una conta dove i fanciulli sceglievano un «capo», spesso il più alto del gruppo, il quale  apriva una mano e la teneva sollevata. Gli altri inserivano il dito indice sotto il palmo del capogruppo che canticchiando i versetti, con l’altra mano strofinava sul dorso di quella occupata dagli indici dei suoi compagni. All’ultima parola dei versi chiudeva improvvisamente la mano, afferrando un dito. Chi rimaneva «sotto», era sorteggiato per dare inizio al gioco).
Chiòva chòve                       Piove piove
E ll’àcque de lemòne.           L’acqua di limone.
Appìcce la cannèle               Accendi la candela
Come dìsce bbona sère.     Non appena cominci a dire: buona sera.
BBona sère chemmà Marì, (o Catarì), Buona sera comare Maria, -o Caterina-,
Damme u ppane e ddamme l’auuì    Dammi il pane e dammi le olive
(O: Te dogghe u ppane e ddamme l’auuì). (O: ti dò il pane e dammi le olive).
(La filastrocca veniva canticchiata non appena incominciava a piovere).
Don din dòoo                              «Don din dòoo»
La cambàne ci la sone?               La campana chi la suona?
E la sone Sam Brangìsche,           E la suona San Francesco,
Cudde ca dà u ppane a CCrìste.  Quello che dà il pane a Cristo.
Crìste nonn-u vole                         Cristo non lo vuole
E ngi-u dà o u-àngeue chestòte.   E glielo dà all’angelo custode.
U u-àngeue chestòte                    L’angelo custode
Se lu mange,                               Se lo mangia,
E la Madònne                             E la Madonna
Se mètt’a cchiànge.                     Si mette a piangere.
Sètte, quattòrdece, vindùn’e vindòtte.   Sette, quattordici, ventuno e ventotto.
La maièste m’ha ddate lè bbotte.    La maestra mi ha dato le botte.
Me l’ha ddate forte forte                   Me li ha date forte forte
Sètte, quattòrdece, vindùn’e vindòtte.    Sette, quattordici, ventuno e ventotto.
Oh! Oh! pedresìne                   Oh! Oh! prezzemolo
Ce mangiàm’a mmènza dì?     Cosa mangeremo a mezzodì?
E mangiàme u granerìse          E mangeremo il riso  
Che le cozze e cche l’alìììsce.   Con i mitili e con le alici.
(I bambini si prendevano per mano. Dopo aver formato un cerchio, giravano sul posto. Al momento di pronunziare la «ììì» di «alìììsce», si accovacciavano).
A, e, i, o, u
L’asinello che se-i tu!
E sarai proprio tu.
Trìtte, Vetètte e Grume                      Toritto, Bitetto e Grumo
Ci vole perrìzzue, ci vole chiacùne    Chi vuole «perrìzzue», chi vuole fichi
Che la spertèdde o vrazze,                   Con il cestino al braccio,
Ci vole checùmere, ci vole pestàzze. Chi vuole cocomeri, chi vuole «pestàzze».
(perrìzzue” sono una specie di fico; “pestàzze”, specie di carruba).
Taràlle, taràlle, taràlle,        Ciambella, ciambella, ciambella,
U prèvete sone                     Il prete suona
E la mòneche bballe.            E la monaca balla.
E bballe la cape de pèzze     E balla la testa di stoffa (la monaca)
Sènza metànde e giripètte.   Senza mutande e reggiseno.
Questo è il pane             (Pollice)
Questo è l’olio               (Indice)
Questo è il sale              (Medio)
Questo è il pomodoro   (Anulare)
E questo...chicchirichì   (Mignolo)
(All’ultimo versetto si strofinava tra le mani il mignolo del bambino).
Iì sò bbèlle               Io sono bello
E ttu sì bbrutte.       E tu sei brutto.
La fàccia mè            La faccia mia
Piàsce a ttutte.         Piace a tutti
Piàsce a mmamme   Piace a mamma
Ca m’ha ffatte,        Che mi ha messo al mondo,
E nnon a ttè             E non a te
Facce de gatte.         Faccia di gatto.
(Versetti a dispetto a chi si sentiva dire “Ce ssì bbrutte”: Come sei brutto. Il bambino offeso rispondeva con la soprascritta filastrocca).
Iòsce iè ffèste                 Oggi è festa
La pupe a la fenèste,      La pupa alla finestra,
U sorghe a ballà             Il sorcio a ballare
E la gatte a checcenà.     E la gatta a cucinare.
La gatta canarùte,         La gatta golosa,
Stute u ffuèche,             Spegne il fuoco,
E se ne fusce.                 E scappa via.


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