in realtà Barillaro ha maturato il problema della morte sin da giovane età allorchè vi è stato richiamato dalla immatura perdita di ben tre suoi giovani fratelli e della scomparsa del padre il colloquio con l' ospite furtiva che affranca dal tempo e dallo spazio è divenuto cosi in lui un quotidiano espediente di ricerca interiore per sopravvivere che egli ha incarnato soprattuto nel l' antitesi leopardiana di amore e morte e cosi che Barillaro direi quasi ostentando disinvoltura di fronte alla morte ha eseguito con buona mano la sua maschera in bronzo e si è fatto incidere una lapide funeraria nella quale la coscienza di aver bene operato per la calabria non gli ha impedito di riconoscersi in vita tutti quei titoli con i qualli godrebbe di venire ricordato dopo morto
A CASA ‘E GALANTOMANI, BUSSA CH’ I PEDI. A casa di signori, bussa coi piedi. Amaro riferimento del povero all'avidità dei potenti, i "galantuomini" appunto, cui bisogna rivolgersi con le mani cariche di doni (e pertanto bussare alla porta con i piedi). 2. A CASA ‘E ’MPISU NON ‘MPENDIRI LUMERA. A casa d'impiccato non appendere neanche la lucerna. Non parlar di corda in casa d'impiccato. 3. A CASA ‘E RICCU NON SI GUARDA FOCULARU. A casa di ricco non si guarda il focolare. Quando vai da chi ha la dispensa e la cantina ben fornite, non temere: si mangerà sempre bene, anche se la cucina ("focularu") è spenta. 4. A CASA ‘I FORGIARU, SPITU ‘I LIGNU. In casa di fabbro, spiedo di legno. Il colmo dei colmi: il fabbro usa lo spiedo di legno e non quello di ferro. 5. ‘ A CCHIU BRUTTA È ‘A CUDA ‘U SI SCORCIA. La più brutta da scorticare è la coda. La parte conclusiva
peso del libro cosi muoiono i vecchi di salvatore gemelli
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