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18Agosto
 
 
Dolce  nella memoria  scendevano  imperlando  le guance  della donna  molte lagrime  di  sconforto  subito  raccolte  da una mano delicata  con atto nobile  un po affettato  Bella la donna  dimostrava  una maturità  non ancora sforita  Alta  occhi  neri vivo  largo zigomi   pronuziati  naso greco  capelli  a tuppè nerissimi  ben curati  vestiva di nero  Se  non fosse stato per qualche  ruga  appena  rilevabile  e per pallore  accentuato   nessuno  le avrebbe   dato  i suoi  sessan t'anni  Sedeva  presso il letto accanto  all' anziano marito  decrepito  per  via degli anni e del male che se lo divorava  e piangeva ad occhi chiussi curva la fronte nel palmo  della mano  sinistra ed ansimava  adagio  per  non farsi  notare  io ero  stato  chiamato  nel reparto  dalla grida dell' uomo  che insultava  la moglie  nel corso di un evidente  raputus demenziale Vattene  gridava  Non ti voglio con me  Mi avvelenato  l' esistenza  La mia  malattia  si è  riacutizzata  per  colpa  tua Frò testamento e cancellerò il tuo nome  nelle mie carte   Ti annieterò  Vattene 

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proverbi calabresi

A CASA ‘E GALANTOMANI, BUSSA CH’ I  PEDI. A casa di signori, bussa coi piedi. Amaro riferimento del povero all'avidità dei potenti, i "galantuomini" appunto, cui bisogna rivolgersi con le mani cariche di doni (e pertanto bussare alla porta con i piedi). 2.        A CASA ‘E ’MPISU NON ‘MPENDIRI  LUMERA. A casa d'impiccato non appendere neanche la lucerna. Non parlar di corda in casa d'impiccato. 3.        A CASA ‘E RICCU NON SI GUARDA FOCULARU. A casa di ricco non si guarda il focolare. Quando vai da chi ha la dispensa e la cantina ben fornite, non temere: si mangerà sempre bene, anche se la cucina ("focularu") è spenta. 4.        A CASA ‘I FORGIARU,  SPITU  ‘I  LIGNU. In casa di fabbro, spiedo di legno. Il colmo dei colmi: il fabbro usa lo spiedo di legno e non quello di ferro. 5.       ‘ A CCHIU BRUTTA È  ‘A  CUDA  ‘U  SI  SCORCIA. La più brutta da scorticare è la coda. La parte conclusiva

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