Questo lavoro è stato portato a termine nella primavera del 1979 ma era stato avviato nel maggio del 1971 sucessivamnte arricchito in varie tape Nelle fase conclusiva mi sono stati molto vicini vari amici e studiosi ai quali esterno la mia graditudine ricordandoli Essi sono Don Salvatore Papandrea parroco di bombile a siderno del santuario Padre ireneo Conti Enzo D'agostino a siderno Carmine bruno al quale si deve gran parte dei disegni e che con Mimmo curulli mi ha accompagnato nelle mie frequenti visite al santuario Ringazio mons francesco tortora vesc di Gerace Locri mons antonio sgro mons vincenzo nadile e avv. antonio monteleone per le facilitazioni avute nello studio dell archivio curiale E sono grato a domenico paolo Guarneri ricco di consigli e di attensione per ogni cosa un grazie anche a mia moglie che rende posisibili le mie indagini ed ai miei figli paolo cesira fabio e francesco i quali mi fanno compagnia e pazienza nel corso dei miei lavori
A CASA ‘E GALANTOMANI, BUSSA CH’ I PEDI. A casa di signori, bussa coi piedi. Amaro riferimento del povero all'avidità dei potenti, i "galantuomini" appunto, cui bisogna rivolgersi con le mani cariche di doni (e pertanto bussare alla porta con i piedi). 2. A CASA ‘E ’MPISU NON ‘MPENDIRI LUMERA. A casa d'impiccato non appendere neanche la lucerna. Non parlar di corda in casa d'impiccato. 3. A CASA ‘E RICCU NON SI GUARDA FOCULARU. A casa di ricco non si guarda il focolare. Quando vai da chi ha la dispensa e la cantina ben fornite, non temere: si mangerà sempre bene, anche se la cucina ("focularu") è spenta. 4. A CASA ‘I FORGIARU, SPITU ‘I LIGNU. In casa di fabbro, spiedo di legno. Il colmo dei colmi: il fabbro usa lo spiedo di legno e non quello di ferro. 5. ‘ A CCHIU BRUTTA È ‘A CUDA ‘U SI SCORCIA. La più brutta da scorticare è la coda. La parte conclusiva
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