per noi motivo di grande soddisfazione ospitare uno scritto dello storico linguista professore Franco Mosino. Più volte abbiamo avuto modo di avvicinarci ai suoi libri, e quindi di conoscerlo attraverso i suoi studi. Alcuni anni fa, poi, leggendo “Gerhard Rohlfs-Una vita per l’Italia dei dialetti”, del compianto Salvatore Gemelli, abbiamo scoperto il suo stretto legame col grande glottologo tedesco, e gli abbiamo partecipato il nostro impegno in merito. Avendolo incontrato di recente, in occasione di un interessante convegno a Bivongi, gli abbiamo chiesto un suo contributo, ed egli ha soddisfatto con tempestività questa nostra esigenza. Lo ringraziamo anche di questa lezione.)
MORIE DI UN MAESTRO: GERHARD ROHLFS
di
Franco Mosino
Essere stato discepolo e seguace del linguista tedesco Gerhard Rohlfs, a cui Badolato ha dedicato degnamente una piazza, alla presenza dei figli, è per me vanto e orgoglio. Infatti negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta i maestri di glottologia in Italia erano o delle mummie o dei nani, talvolta mummie nane… A tale proposito cito il caso di Giacomo Devoto, che nel suo profilo dei dialetti italiani, arrivato al dialetto calabrese, scrive “Qui si registra la presenza del greco, che è un fatto esotico”. Certo, definire il greco in Calabria come esotismo è come dire che i cammelli in Africa sono animali rari… Ma il nanismo e il provincialismo dei linguisti italiani ancora si perpetuano, se è vero che, di recente, Arrigo Castellani, nel primo volume di una sua grammatica storica della lingua italiana, ha ignorato del tutto i miei saggi di dialettologia e di linguistica calabrese; e quando gli ho spedito, per farlo rinsavire, l’elenco dei miei libri, non mi ha nemmeno risposto! E che poteva dire? Che non conosce il mio Glossario del calabrese antico? Tale ignoranza scredita e ridicolizza la sua sedicente grammatica storica…
è dunque tempo che noi calabresi, periferici per geografia, ma non periferici per intelligenza e per passione verso gli studi seri, diciamo finalmente, a muso duro, il nostro pensiero, quando esso viene volutamente e scioccamente sottostimato o addirittura ignorato… I miti del buon governo nell’Italia del Nord stanno vilmente crollando: vedi Parmalat e Cirio! Il caso di Castellani è una bassa manovra di sopraffazione verso la cultura dei Calabresi.
Ma veniamo alle mie memorie circa Rohlfs.
Narrerò qualche episodio a me noto sulla vita, lunga e operosissima, del grande maestro.
Durante l’ultima guerra Rohlfs, allora docente a Monaco, quando la disfatta dei Tedeschi era imminente, manifestò a voce alta in Università tale sua convinzione. Rohlfs conosceva la prima guerra mondiale, era stato in trincea, aveva provato quella sconfitta militare… L’indomani incontrò uno di quei colleghi presenti al suo sfogo pericoloso (c’era il rischio della pena di morte). Costui gli disse: “Mi rallegro di vederti vivo!”. Questo non vuol dire che Rohlfs era un oppositore al Nazismo. Egli aveva conservato la sua cattedra, aveva continuato a pubblicare sotto Hitler, senza ostacoli e senza problemi. Ebbe invece noie in Italia, perché il Fascismo avversava stupidamente i dialetti. E una volta gli fu impedito di tenere una conferenza a Cosenza, ma Rohlfs si fece vedere per le vie della città e spiattellò il vero…
Quanto al rapporto tra cultura tedesca e Nazismo solo da poco in Germania è arrivata una opportuna ventata di revisionismo, che qui in Italia, da più di un decennio, Sergio Romano ha felicemente avviato. Si veda il caso della filologa tedesca Ada Adler, che allora, nella prestigiosa collezione Teubner di Lipsia, poté pubblicare l’edizione critica del lessico bizantino (secolo X) Suida: edizione ancora oggi fondamentale! Dunque non è assolutamente vero che i Nazisti bruciassero in piazza i libri. Bruciavano quei libri faziosi e politici, che erano avversi al nuovo corso… Io ricordo che, all’apertura delle scuole a Reggio, anno scolastico 1943-1944, si presentarono in aula dei militari anglo-americani e ci ordinarono di strappare, dico di strappare, le pagine sul Fascismo, presenti nei nostri manuali. Fu un rogo senza fiamme, un rogo “democratico”. L’intelligenza e la stupidaggine non hanno patria…
Mi accorgo che forse ho troppo divagato, ma il nome del maestro Rohlfs non ha certo bisogno delle mie personali e private ricordanze.
MORIE DI UN MAESTRO: GERHARD ROHLFS
di
Franco Mosino
Essere stato discepolo e seguace del linguista tedesco Gerhard Rohlfs, a cui Badolato ha dedicato degnamente una piazza, alla presenza dei figli, è per me vanto e orgoglio. Infatti negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta i maestri di glottologia in Italia erano o delle mummie o dei nani, talvolta mummie nane… A tale proposito cito il caso di Giacomo Devoto, che nel suo profilo dei dialetti italiani, arrivato al dialetto calabrese, scrive “Qui si registra la presenza del greco, che è un fatto esotico”. Certo, definire il greco in Calabria come esotismo è come dire che i cammelli in Africa sono animali rari… Ma il nanismo e il provincialismo dei linguisti italiani ancora si perpetuano, se è vero che, di recente, Arrigo Castellani, nel primo volume di una sua grammatica storica della lingua italiana, ha ignorato del tutto i miei saggi di dialettologia e di linguistica calabrese; e quando gli ho spedito, per farlo rinsavire, l’elenco dei miei libri, non mi ha nemmeno risposto! E che poteva dire? Che non conosce il mio Glossario del calabrese antico? Tale ignoranza scredita e ridicolizza la sua sedicente grammatica storica…
è dunque tempo che noi calabresi, periferici per geografia, ma non periferici per intelligenza e per passione verso gli studi seri, diciamo finalmente, a muso duro, il nostro pensiero, quando esso viene volutamente e scioccamente sottostimato o addirittura ignorato… I miti del buon governo nell’Italia del Nord stanno vilmente crollando: vedi Parmalat e Cirio! Il caso di Castellani è una bassa manovra di sopraffazione verso la cultura dei Calabresi.
Ma veniamo alle mie memorie circa Rohlfs.
Narrerò qualche episodio a me noto sulla vita, lunga e operosissima, del grande maestro.
Durante l’ultima guerra Rohlfs, allora docente a Monaco, quando la disfatta dei Tedeschi era imminente, manifestò a voce alta in Università tale sua convinzione. Rohlfs conosceva la prima guerra mondiale, era stato in trincea, aveva provato quella sconfitta militare… L’indomani incontrò uno di quei colleghi presenti al suo sfogo pericoloso (c’era il rischio della pena di morte). Costui gli disse: “Mi rallegro di vederti vivo!”. Questo non vuol dire che Rohlfs era un oppositore al Nazismo. Egli aveva conservato la sua cattedra, aveva continuato a pubblicare sotto Hitler, senza ostacoli e senza problemi. Ebbe invece noie in Italia, perché il Fascismo avversava stupidamente i dialetti. E una volta gli fu impedito di tenere una conferenza a Cosenza, ma Rohlfs si fece vedere per le vie della città e spiattellò il vero…
Quanto al rapporto tra cultura tedesca e Nazismo solo da poco in Germania è arrivata una opportuna ventata di revisionismo, che qui in Italia, da più di un decennio, Sergio Romano ha felicemente avviato. Si veda il caso della filologa tedesca Ada Adler, che allora, nella prestigiosa collezione Teubner di Lipsia, poté pubblicare l’edizione critica del lessico bizantino (secolo X) Suida: edizione ancora oggi fondamentale! Dunque non è assolutamente vero che i Nazisti bruciassero in piazza i libri. Bruciavano quei libri faziosi e politici, che erano avversi al nuovo corso… Io ricordo che, all’apertura delle scuole a Reggio, anno scolastico 1943-1944, si presentarono in aula dei militari anglo-americani e ci ordinarono di strappare, dico di strappare, le pagine sul Fascismo, presenti nei nostri manuali. Fu un rogo senza fiamme, un rogo “democratico”. L’intelligenza e la stupidaggine non hanno patria…
Mi accorgo che forse ho troppo divagato, ma il nome del maestro Rohlfs non ha certo bisogno delle mie personali e private ricordanze.
convegno a Bivongi, gli abbiamo chiesto un suo contributo, ed egli ha soddisfatto con tempestività questa nostra esigenza. Lo ringraziamo anche di questa lezione.)
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