IL SANTUARIO DELLA MADONNA DI POLSI
Originariamente, forse fu romitorio di uno o più monaci bizantini spinti verso i confini dell’impero dalla furia iconoclasta degli imperatori isaurici; o di qualcuno di quei monaci fuggiti dalla vicina Sicilia, sotto l’incalzare delle orde agarene durante la conquista araba dell’isola nel IX° secolo, ritiratosi in preghiera in quei luoghi solitari ed inaccessibili. Poi il sito fu abbandonato; forse a causa dell’estremo disagio e del rigore invernale.
La leggenda vuole che nel secolo XI, nel posto dove ora sorge la chiesa, sia stata rinvenuta da un pastore, una strana Croce di ferro, dissotterrata miracolosamente da un torello. La Croce è tutt’oggi conservata nel Santuario. A questo miracoloso rinvenimento si fa risalire l’origine del monastero che fu, per alcuni secoli, sotto la cura dei monaci dell’ordine di San Basilio Magno, praticanti il rito greco. Fu questo il periodo spiritualmente più ricco e intenso del monastero. Il monastero era certamente, già, attivo nel 1453 quando ricevette la visita del monaco Anastasio Chalkèopoulos redattore di una mappa di tutti i conventi e le chiese della regione.
Verso la fine del secolo XV, il sacro luogo passò sotto il governo di Abati commendatari, spesso dimoranti lontano da Polsi, interessati soltanto alle ricche prebende e renditeIl Santuario subì un lento e graduale declino fino al secolo XVII. Fu durante la prima metà di questo secolo che, il Vescovo di Gerace Idelfonso del Tufo, iniziò un'ispirata opera di rinascita culturale e religiosa a favore del Santuario. Programmò ed eseguì una serie di lavori e ricostruzioni che in breve cambiarono radicalmente il pio luogo. Ingrandì la chiesa e la rese più accogliente, la impreziosì con stucchi e decorazioni, secondo l’uso del tempo;
fece di una piccola e modesta chiesetta di campagna, un vero tempio mariano, conservando, però, il bel campanile bizantino. Ripristinò il convento e le case intorno; ravvivò nel popolo della diocesi il culto e la fede verso la Madonna della Montagna, che del resto non si era mai spento. Il Santuario ritrovò lo splendore spirituale delle origini e divenne il santuario più conosciuto della Calabria, meta di pellegrini anche dalla vicina Sicilia.
Il monastero conserva anche un'antica icona del tipo Brephokratausa del gruppo iconografico Odigitrìa (La vergine che reca il bambino).
Notevole è la Via Crucis, con le stazioni in bassorilievi bronzei, culminante con la statua del Cristo risorto (opera dello scultore calabrese Giuseppe Correale) il cui itinerario si snoda, per più di un chilometro, su un’erta boscosa, tra castagni e querce centenarie.
Dello stesso scultore sono le bellissime porte bronzee della chiesa, istoriate con episodi biblici e scene che ricordano i miracoli attribuiti alla Madonna.
Preziosi i cancelletti della balaustra dell’altare maggiore, opera del celebre scultore calabrese Vincenzo Jeraci.
In un piccolo museo, all’interno del Convento, sono conservati oggetti preziosi di varie epoche, paramenti sacri, immagini, libri e pergamene, ex voto, che sintetizzano la vera storia del Santuario.
I vescovi di Gerace (ora di Locri-Gerace) e i rettori del Santuario si sono gradualmente adoperati a meglio indirizzare una religiosità popolare non priva, nel passato, di aspetti truculenti (come lo strusciare la lingua per tutta la lunghezza della chiesa).
Oggi i pellegrini esprimono la loro devozione con i canti e le tarantelle che precedono e seguono la celebrazione della messa, e con i doni votivi.
Tra questi è tipico di Polsi che i genitori di bambini scampati a gravi malattie spoglino la loro creatura sull’altare della Madonna e regalino al Santuario il vestitino assieme a oggetti d’oro o somme di denaro.
IL SANTUARIO DELLA MADONNA DI POLSI
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