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santuario bombile

Ci sono luoghi che al primo sguardo suscitano un particolare fascino, un tale stupore che le nostre più profonde emozioni prendono a vibrare intensamente e le immagini  con  la loro forza evocativa si sedimentano per sempre nello scrigno dei ricordi più belli. Il santuario della Madonna della Grotta di Bombile, frazione del comune di Ardore (RC) era sicuramente tra questi. Mi è apparso così la prima volta, quando incantato sono sceso nella lunga scalinata di accesso per scattare foto. Ho avvertito subito la sensazione di  trovarmi in  una dimensione antica, sospesa tra passato e presente, in modo non dissimile andando al santuario-grotta della S.S. Trinità di Vallepietra (RM), che presenta evidenti somiglianze fisiche con quello di Bombile. Purtroppo però il 28 maggio e l'11 giugno 2004 gigantesche frane  hanno cancellato in un attimo il sito cultuale calabrese, arrecando un danno incalcolabile. Dopo vari anni ho avvertito il desiderio di socializzare le mie immagini riguardanti il  santuario della Madonna della Grotta, per contribuire a conservarne il ricordo quale era. L' esposizione, seguendo il filo delle tradizioni popolari che stavano e stanno  alla base del fenomeno religioso di Bombile, seppure a mo' di elenco le ripercorre, per continuare  a mantenere la memoria di questo patrimonio etnografico, anche per le nuove generazioni. Per la mia sommaria ricognizione  mi sono affidato alle notizie tratte  dal libro di Salvatore Gemelli Il santuario della Madonna della Grotta in Bombile di Ardore, Edizioni FRAMA SUD, 1979, che mi fu dato dal parroco di allora Don Salvatore Papandrea. Al Gemelli si devono tutte le citazioni riportate in corsivo.
La leggenda di fondazione  è simile a tante altre presenti in varie località del centro-sud e racconta, dopo varie vicissitudini, di un carro di buoi recante la statua della Madonna, che si fermò per suo volere davanti all'ingresso dell' attuale chiesa, indicando così il luogo in cui sarebbe dovuto sorgere il nuovo santuario.
Negli anni 1859,1960 è stata realizzata la scalinata che porta alla chiesa-grotta e non pochi  pellegrini la scendono inginocchiati e scalzi, di traverso, baciando la roccia tufacea che sporge di lato, recitando i loro rosari. Lungo i gradini fuoriesce l'acqua  del miracolo, che veniva raccolta dai fedeli per trarne benefici,  in quanto fatta scaturire dalla Vergine per dissetare gli operai che stavano lavorando alla costruzione del santuario. Altre penitenze corporali prevedevano l'entrata in chiesa  in 'ndinoocchiùni, come recita la canzone popolare moderna.
Nella seconda metà dell'Ottocento  è stato ampliato l'interno della chiesa ed è stata edificata la facciata come la conosciamo. Stando a quanto mi ha detto Don Papandrea, fino al 1956 vi hanno pernottato i pellegrini durante la festa dei primi tre giorni di maggio, poi un divieto ecclesiastico ha posto fine a ciò. I mercanti a sera riponevano i loro oggetti dentro la chiesa, creando confusione e forse anche commercio.
La statua della Madonna reca alla sua base l'epigrafe SA(N)CTA MARIA / DELLA GRVCTA / A: MCCCCCVIII. La data del 1508 è da alcuni studiosi indicata anche come probabile riferimento temporale di un rinnovato impulso  impresso al culto mariano di Bombile. Infatti l'area cultuale ha una storia ben più antica, con la presenza in loco di Padri basiliani e agostiniani in età medioevale e ancora di eremiti che vivevano in grotte lì situate.
La consuetudine di prelevare un pezzetto di tufo nella zona sacra, oggi scomparsa, aveva lo scopo di procurarsi una difesa  contro le tempeste e i rovinosi acquazzoni.
É così che, allorché il cielo si oscura e cadono i primi goccioloni cui segue la pioggia fitta, la buona madre, con rapido gesto, spalanca la finestra e, dopo aver esposta la pietra della Madonna detta anche per ciò 'a petra d'i temporali (la pietra delle tempeste), la richiude, fiduciosa e certa che di lì a poco la pioggia smetterà come di fatto avviene.
L'usanza di suonare la campana della Madonna... chi suonava tale campana poteva esprimere un desiderio invocando la Madonna e la Madonna l'accontentava. Numerose erano le spose che suonavano la campana chiedendo il dono dei figli.
La stessa era battuta con forza da chi giungeva al santuario, per annunciare il suo arrivo, ma tanto violentemente che nel 1950 la campana si è rotta. Il rito era anche augurale per tornare l'anno successivo.
Il dono degli ex voto - Nel passato una volta ricevuta la grazia i contadini e pastori offrivano alla Madonna donativi in natura, quali : agnelli, capretti, giovenchi, tori, grano, vari prodotti della terra, formaggio, olio, fichi, la 'zugna , cioè il grasso del maiale. É ricorrente donare gli abiti dei propri  figli e.... lasciare la propria foto in chiesa, ma... anche ex voto di cera riproducenti parti anatomiche.
Un altro rito piuttosto diffuso era quello del pellegrinaggio delle verginelle al santuario. (Questo tema mi è particolarmente caro per averlo trattato diversi anni fa .Chi volesse un approfondimento in tal senso vada nella sezione  Pubblicazionidi questo sito all'articolo "La tradizione delle Zitelle o Verginelle o Scapillate " ).
In molte festività mariane locridee, fino a circa 15-20 anni addietro, era d'uso fra l'altro che, per sciogliere un voto o per impetrare una grazia, l'offerente si recasse al luogo di culto facendosi accompagnare da un corteo più o meno grande di fanciulle agghindate a festa. Si usava dire " portare le verginelle". Era una richiesta di grazia per procura, affidata alla purezza verginale delle ragazze e, in quanto tali, più vicine e gradite a Dio per essere esaudite.
I canti, religiosi e profani, e le danze costituiscono uno dei momenti fortemente corali e aggreganti della tradizione, espressioni della profonda anima calabrese, che nella tarantella ritrova autentiche matrici identitarie.
Le fotografie delle prime due  gallerie sono state scattate  l'11 luglio 1984.
Le immagini mostrano oggetti e aspetti del santuario che rimandano ad un mondo remoto, con i suoi riti e i suoi valori serrati nel tempo. All'interno sono presenti diversi ex voto per grazia ricevuta, tra cui spiccano quelli che riproducono parti anatomiche in cera, tutt'oggi molto diffusi nella Calabria meridionale, secondo un costume che affonda le sue radici nella più lontana Magna Grecia. All'esterno, poco distante dall'entrata in chiesa, appare un'edicola della Madonna della grotta sotto cui si accendono grandi quantità di candele, che anneriscono l'intera parete. In un armadietto, graffiato dai pellegrini e chiuso da un traballante lucchetto, si conservano ricordini religiosi  messi un po' alla rinfusa, destinati a  semplici devoti provenienti  da una vasta area della Locride e da alcuni centri del catanzarese. Il turismo, i beni culturali sono ancora di là da venire  e perché mai i viaggiatori dovrebbero arrivare fin qui? Questo è lo spazio della gente di campagna, di mare, di montagna  che lavora da mattina a sera e viene per la festa, per trascorrere un momento diverso, ma anche e soprattutto per entrare a pregare nella grotta, dove tutto è possibile.

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