LOCRIDE
di Margherita Guarducci - Enciclopedia Italiana (1934)
LOCRIDE (λοκρίς, Locris). - Regione storica della Grecia centrale, divisa dalla Focide e dalla Doride in due parti, delle quali l'una si estende lungo il golfo di Corinto, l'altra lungo il golfo Maliaco e il mare di Eubea. Questa caratteristica bipartizione dei Locresi in due rami sembra sia dovuta non tanto all'urto violento di nuove stirpi sopravvenute, quanto a una spontanea separazione di una medesima stirpe intorno al monte Eta; e infatti non è improbabile che l'ampio e alto massiccio, opponendosi dapprima all'ondata etnica, la dividesse poi in due parti dirigendone l'una verso occidente, l'altra verso oriente. Comunque, nonostante la separazione geografica, sono innegabili le affinità che legano tra loro queste due regioni. Secondo la tradizione, i primitivi abitanti della Locride sarebbero stati i Lelegi, notizia di attendibilità incerta, tanto più che non è ancora ben definito il valore e l'ambito di questo nome. A ogni modo, gli abitatori più antichi della Locride appartennero a una stirpe pre-greca certamente assai rozza, e della quale ci restano scarsissime tracce. A essa seguì poi un'altra popolazione greca e probabilmente di stirpe eolica, che fu sottomessa dai Dori invasori. Nel dialetto locrese rimangono di questi strati etnici parecchi elementi, uno dei quali è forse il nome stesso di λοκροί, se vogliamo attenerci a quella spiegazione che lo fa derivare da λεκροί, parola pre-greca significante le corna dei cervi (adoperate per fabbricare gli archi). Sotto la pressione dei Dori il popolo pre-dorico si espande in varie direzioni: parte a sud-ovest verso l'Elide; parte a sud-est verso Megara, Atene e le Cicladi; parte a nord-est, attraverso le isole interposte, in direzione dell'Asia Minore. I Locresi rimasti in patria vengono assoggettati dai Dori, e per lungo tempo tenuti a distanza dalla classe dominatrice: separazione della quale è forse possibile cogliere un riflesso nella tradizione mitologica, che riconnette i nobili agli dei e agli eroi, mentre fa nascere il popolo dai sassi di Deucalione e Pirra. Ai tempi dell'invasione dorica doveva essere ormai compiuta la sistemazione dei due rami di Locresi nelle rispettive sedi. I Locresi orientali separati alla loro volta da un'espansione della Focide, desiderosa di avere anch'essa il suo sbocco verso il mare di Eubea si trovano in età ormai classica designati con diversi epiteti: Opunzî, Epicnemidî, Ipocnemidî, Eoi, alludenti rispettivamente alla città di Opunte, al monte Cnemis, alla posizione orientale della regione. I Locresi occidentali, oltre al nome di Esperî (in dialetto: Fεσπάριοι), hanno quello di Φύσκοι derivato dall'antica città di Φύσκος, e quello di Ozolî, epiteto scherzoso, sia che derivi dal verbo ὄζω, sia che debba essere collegato con la voce ὄζος (= ramo, e anche corno di cervo), venendo così ad assumere significato analogo a quello di Λοκροί. Già nell'età preclassica i Locresi, essendo partiti numerosi gruppi del popolo primitivo verso altri lidi, ed essendosi ormai compiuto l'adattamento degli abitanti rimasti in patria ai forti conquistatori, si sentivano a disagio in una terra che non poteva nutrirli tutti; e, trovandosi a possedere tanta parte di costa sull'una e l'altra sponda dell'Ellade, cercarono ancora una volta la loro vita sul mare, spingendosi fino alla Corsica e all'Africa. Notevole più che altrove è l'influenza locrese nell'Italia meridionale, dove la fondazione di Locri Epizefirî fra il 680 e il 670 non fece che coronare un'opera iniziata molto tempo prima. In questi secoli l'indole fantasiosa e versatile del popolo locrese, trasmessa anche ai coloni italici, si manifestò da una parte in una ricchissima e variopinta mitologia (le leggende intorno alla creazione degli uomini con le figure di Prometeo, Pandora, Deucalione e Pirra; le complicatissime genealogie; le tradizioni del ciclo troiano; la figura di Aiace, che poi si sdoppiò in due figure parallele; e via dicendo), dall'altra in una fioritura di poesia, della quale noi purtroppo ben poco sappiamo. Col secolo VI, la Locride comincia a declinare: decadenza prodotta da varie cause, tra le quali non ultima la prepotente espansione di Corinto, e certo favorita dalla scissione geografica delle due regioni locresi e dalla posizione non sempre opportuna delle città principali. Il peggioramento continua per tutto il sec. V, fino a che, nel sec. IV-III, la Locride cessa di avere una sua storia e comincia a seguire le vicende dei suoi più forti vicini. Nel sec. VI, dopo avere con ogni probabilità preso parte alla prima guerra sacra e alla distruzione di Crisa, i Locresi si estenuavano in una serie di guerriglie contro la Beozia e specialmente contro la Focide, lotte di cui fu quasi sempre occasione il santuario di Delfi per l'interesse dei Locresi a mantenersi nell'Amfizionia delfica quella posizione privilegiata che essi avevano nella più antica Amfizionia delle Termopile. Nella prima metà del sec. V (in ogni modo prima del 456-55), dopo avere combattuto più o meno validamente contro i Persiani, i Locresi, raccolti sotto il dominio politico di Opunte, mandavano una colonia a Naupatto nel porto notevolissimo che si apre sul golfo Corinzio. Nel 448-47 si sa di un'ambasceria ateniese nella Locride occidentale per mettere un rimedio alla crescente pirateria locrese. Durante la guerra del Peloponneso e la guerra corinzia i Locresi, non sempre compatti, ondeggiano fra Sparta e Atene; ma la pace di Antalcida (387-86) li trova devoti a Sparta. Entrati dopo la battaglia di Leuttra (371) nell'ambito dell'egemonia tebana, fra il 356 e il 346 combattono la grande guerra sacra contro i Focesi, e si trovano poi implicati direttamente nella successiva (339), che portò al nuovo intervento in Grecia di Filippo di Macedonia, il quale li assoggetta definitivamente dopo la battaglia di Cheronea (338), pure conservando loro i due voti nell'Amfizionia delfica. Morti Filippo e Alessandro Magno, i Locresi prendono parte, ma non mai decisamente, alle guerre fra i diadochi e nel 269 cadono sotto l'autorità degli Etoli, i quali fino dal 290 dovevano essere padroni della Locride occidentale, dal momento che Delfi era in loro potere. La Locride, entrata nella lega etolica, viene poi trascinata nelle lotte fra Etoli e Macedoni, e fra Macedoni e Romani, dai quali viene sottomessa nella vittoria definitiva del 146 (v. acaia).
Città principali della Locride orientale furono: Opunte, che appartenne temporaneamente alla lega beotica, Halai, e - a sinistra della interruzione focese di Dafnunte - Cnemides, Tronio, Scarfea; nella Locride occidentale, che ebbe in generale minore importanza politica: Eantea, Tolofone, Anticira, Eritre, Naupatto. Il regime fu monarchico nell'età più antica; poi vi fu il dominio di una aristocrazia (le "cento famiglie"), rappresentata da un senato di cento membri, mentre il popolo dava un'assemblea di mille cittadini, organizzazione aristocratica dove non mancano tracce di matriarcato. Nella Locride orientale troviamo ricordato, all'inizio del sec. V, un collegio di tre arconti, e nella Locride occidentale i demiurgi. Nulla si sa di culti caratteristici. Fra le consuetudini rituali si può rammentare quella di mandare fanciulle locresi quali ierodule al tempio di Atena a Ilio. Pochi monumenti e oggetti d'arte sono pervenuti sino a noi. Si conoscono della Locride alcune fini monete, le quali nelle analogie con la monetazione sicula riflettono l'influenza dei Locresi oltre l'ambito delle proprie colonie.
Bibl.: C. Bursian, Geogr. von Griechenl., I, Lipsia 1862, p. 143 segg. (Locride occ.), 186 segg. (Locride or.); A. Philippson, in Zeitschr. der Gesch. für Erdkunde, XXV (1890), pp. 331 segg., 398 segg.; W. A. Oldfather, in Amer. Journ. Arch., XX (1916), pp. 32 segg., 154 segg., 346 segg. - Per il dialetto locrese, v. Th. W. Allen, De dialecto Locrensium, in Curt. Stud., III (1870); F. Bechtel, Die Griech. Dial., II, Berlino 1923, p. 3 segg. - Per la storia: E. Meyer, G. Busolt, G. Beloch nelle loro storie della Grecia. - Per la mitologia: O. Gruppe, Griech. Myth., Monaco 1906, p. 89 segg. e passim. - Per le iscrizioni: Inscriptiones Graecae, IX, i, n. 234 segg.; H. Collitz e F. Bechtel, Sammlung der Griech. Dialektinschriften, II, Gottinga 1899, n. 1474 segg.; E. Schwyzer, Dial. Graec. exempla epìgr. potiora, Lipsia 1923, n. 359 segg.; A. Wilhelm, in Österr. Jahreshefte, XIV (1911), p. 163 segg. - Per gli scavi: Arch. Anzeiger, passim. Oltre l'articolo di W. A. Oldfather, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIII, col. 1135 segg.
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