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LA LEGGENDA DI PIEDIGROTTA A PIZZO (VV).

LA LEGGENDA DI PIEDIGROTTA A PIZZO (VV).

Siamo a Pizzo Calabro nella Costa degli Dei! È  questa l’esclamazione di chi attraversa l’arenile napitino per poi visitare Piedigrotta. Le rocce sedimentarie di origine marina accolgono nelle viscere della sua terra, questo luogo di culto unico nel suo genere ed unico in Italia. Rifugio  dei pescatori prima di salpare per le battute di pesca e rifugio delle madri e mogli che in preghiera chiedono il ritorno dei congiunti.
Questa informazione è comunque riconducibile dal  1952 in poi, questa zona collegata da un piccolo tratturo non permetteva di praticarla. Ed è solo in questa data che la spiaggetta antistante Piedigrotta iniziò ad essere praticata. Chiunque abbia visitato questo luogo l’ha definito massima espressione dell’arte popolare calabra. L’ambiente della grotta è magico. Non rumori, non suoni: tutto è ovattato.
Il silenzio di questo luogo è rotto solo dallo sciarbodìo del mare che sta a pochi metri.  Le rocce tufacee di cui gli ambienti ed il pavimento sono costituiti nascondono una fitta leggenda. Indubbiamente in qualità di storica indago negli scritti di Ilario Tranquillo il  quale nella sua Historia Apologetica dell’antica Napizia ci dice:”Nella Marina Orientale presso al Mare, à canto i scogli, nomati Pianci, v’è una Chiesa, in un Scoglio incavata, sotto il titolo di Santa Maria di Piedigrotta, la quale tira a se i Cittadini à visitarla, e riverirla, e con tenerezza di cuore, e con devozione assai grande, e v’è attaccato alla Chiesa il Romitorio”.
Il canonico pizzitano asserisce che la chiesa di Santa Maria in Piedigrotta fosse un romito il chè è plausibile. Effettivamente gli scritti del Tranquillo sono da ritenersi i più attendibili storicamente parlando. A raccontare questa leggenda è Debora Colomino che così spiega:”Secondo la leggenda, un veliero napoletano stava navigando in acque calabresi e a causa di una tempesta finì contro gli scogli.
Il veliero aveva a bordo un quadro raffigurante la Madonna e il capitano della nave si rivolse a lei per invocare aiuto. Una volta finita la tempesta, i marinai imbarcati sul veliero erano tutti salvi e si ritrovarono a ridosso di una spiaggia con il dipinto intatto. Decisero così di creare un santuario dedicato alla Vergine dove poter conservare il quadro. Fu così che fu edificata la Chiesetta della Grotta, un luogo dalla bellezza incredibile, che presenta all’interno archi naturali, piccole grotte adibite a cappelle e delle stalagmiti che sono state scolpite come colonne e statue.
Un vero capolavoro,che accoglie ogni anno centinaia di curiosi visitatori da ogni parte del mondo”. Il lavoro dei marinai Torresi venne blandato dai pescatori locali i quali decisero di translare il quadro in una grotta più riparata. Un mattino, però, dopo una violenta burrasca notturna, il quadro non venne ritrovato al suo posto: il mare aveva invaso la grotta e si era portato via l’immagine sacra rinvenuta dopo pochi giorni nello stesso luogo ove fu trovata la prima volta. Inseguito venne edificata una torre campanaria e proprio qui viene posta la campana che era sulla nave datata 1632.
Tuttavia le mani sapienti di due artisti locali Angelo e Alfonso Barone non solo hanno scavato all’interno della grotta ma hanno scolpito diverse statue tutte in tufo ( probabilmente non è informazione veritiera la salsedine avrebbe sgretolato le statue). Davvero una miriade di statue inonda la Chiesetta, suggestiva l’antro che ospita la nascita del Bambinello,un piccolo presepe!in quell’altro angolo un bassorilievo dedicato alla Madonna di Pompei, il sacerdote che celebra messa (il sacerdote è l’autoritratto dell’artista Angelo), inginocchiato un comunicando, i fedeli, gli angeli e due apostoli; in quell’altra grotta San Giorgio a cavallo l’atto di trafiggere il drago (un omaggio a Pizzo di cui il Santo è protettore); in quell’altra ancora “la pesca miracolosa”, e poi ancora San Francesco di Paola rappresentato nel miracoloso evento dell’attraversamento dello stretto di Messina sul proprio mantello, le atrocità delle guerre, S.Antonio da Padova attorniato dagli orfanelli, il Sacro Cuore di Gesù, Bernadette in preghiera davanti alla Madonna di Lourdes, Santa Rita genuflessa all’angelo della morte e tante altre immagini ancora.
La veridicità trasuda  da ogni angolo, le figure sono emblema incredibile e meravigliosa.  Il tempo passa e verso gli inizi degli anni ’60 un ragazzo (qualcuno racconta che fossero in due), per una bravata o momento di pura follia, entra nella chiesetta e con un bastone inizia a decapitare e a rompere gli arti delle statue, riducendo la meravigliosa casa di Dio, in un ammasso di macerie. (Voci del popolo vogliono che, uscendo dalla chiesa, l’autore del misfatto abbia pagato il suo gesto con pena similare).
Ma la Madonna grande e generosa, pochi anni dopo il triste evento, dà la possibilità a Giorgio Barone, nipote di Angelo ed Alfonso, di tornare a Pizzo. Scultore anche lui, era dovuto partire in gioventù per terre lontane alla ricerca di una vita migliore. Diventato all’estero un grande scultore, decise nell’estate del ’67 di tornare al borgo natio, per rivedere i vecchi amici ed i luoghi a lui tanto cari.
La Madonna ha sempre saputo quel che stava compiendo. Lo scultore venne invitato a visitare il luogo sacro dove i suoi avi ebbero a fare duro lavoro.Giorgio era ritornato a Pizzo solo per stare 2 settimane, invece, vi passò insieme con Mimmo, Pietro, Giorgio e Pino (i suoi piccoli aiutanti), tutta l’estate e l’autunno del ’67 e quelli del ’68, lavorando ininterrottamente per ridare l’antico splendore al capolavoro dei suoi avi. Non ho dubbi, è stato proprio un miracolo!»

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