La leggenda della croce di San Silvestro nel cuore dell’Aspromonte
Continuano gli appuntamenti con la rubrica di CityNow “Miti di Calabria“, nata per farvi conoscere le più famose leggende che abbracciano la nostra terra, le tradizioni popolari, religiose e gli intramontabili miti.
Oggi vi portiamo nel cuore dell’Aspromonte, dove un tempo molto lontano era stata condannata a vivere la pagana Sibilla. Un giorno Dio, secondo la leggenda, decise di riappropriarsi di quel luogo e si rifugiò nei meandri della montagna, in una grotta che proprio oggi porta il suo nome, San Silvestro.
Egli era papa e per sfuggire alle persecuzioni dei cristiani ordinate dall’imperatore Costantino, si nascose tra le vette calabre. Costantino intanto però venne attaccato dalla lebbra e venendo a conoscenza di un’acqua miracolosa capace di guarirlo in possesso di Silvestro, mandò i suoi soldati a cercarlo per condurlo a Roma.
Le guardie dopo alcune ricerche trovarono il papa nella sua grotta fretta ed umile, il quale, pensando fosse giunta l’ora di morire chiese come ultimo desiderio di recarsi nei suoi amati boschi aspromontani, portando con sè la cosa più cara e preziosa, una piccola croce di ferro, rifinita e misteriosa, dinanzi alla quale egli pregava giornalmente.
Giunto nei boschi decise di sotterrare la sua croce nella valle di Polsi, poi benedisse il luogo e rientrò a Roma, dove fece guarire Costantino con acqua della fonte battesimale. L’imperatore volle essere battezzato e si convertì al cristianesimo donando a Silvestro il potere di Roma e della chiesa.
Molti secoli dopo un pastore di nome Italiano pascolava tra le stradine aspromontane, quando all’improvviso smarrì uno dei suoi bovini. Dopo molte ore di ricerca lo ritrovò e vide l’animale prostrato dinanzi ad una reliquia che il bovino stesso aveva dissotterrato con le zampe. Si trattava della croce di San Silvestro. Il pastore alzò lo sguardo stupito e vide comparire la Madonna con il bambino tra le braccia la quale gli comunicò il desiderio che in quel luogo venisse costruita una chiesa in suo onore e dicendo che tutti i devoti sarebbero stati graziati.
In quel punto sorse la chiesa di Maria, e la profonda fede per la Signora della Montagna. Da allora anche gli animali ebbero il diritto di entrare al santuario, sopratutto i bovini che tra i suoni delle zampogne durante la processione si inginocchiano dinnanzi all’altare della Madre della Montagna.
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