La Cattedrale di Santa Maria Assunta di Gerace, autentico gioiello architettonico, è una delle più importanti costruzioni normanne della Calabria e ledificio sacro più ampio della Calabria (circa 1680mq). In stile bizantino-normanno, nonostante le modifiche e i rifacimenti (terremoto del 1783) conserva la purezza delle linee originarie, in cui le caratteristiche delle cattedrali normanne si fondono allimpianto bizantino. La struttura, dedicata a Maria Assunta, consta di due parti sovrapposte e risalenti a periodi differenti. La parte inferiore della Cattedrale di chiara costruzione bizantina, comunica con una serie di grotte scavate nella roccia e risalenti al VIII secolo, che costituiscono il nucleo originario della prima chiesa rupestre bizantina. La basilica superiore è, invece, una grande struttura a tre navate divise da venti colonne granitiche ed in marmo, interrotte al centro da due pilastri a T e sormontate da capitelli di diversa forma. Dall'esterno, in stile romanico, l'edificio religioso appare come una fortificazione a causa dell'iponente parete in pietra calcarea dalla quale sporgono due delle tre absidi di forma semicilindrica. Esternamente le tre absidi disposte ad oriente, secondo la tradizione bizantina, dovrebbero apparire lievemente graduate, e invece, due appaiono sulla stessa linea, mentre la terza di epoca medievale, è in posizione arretrata, nascosta dal cosiddetto Arco dei Vescovi. L'abside centrale fu riedificata per volere del vescovo Giuseppe Maria Pellicano assieme al portale nel 1829, a seguito dei danni provocati dal terremoto del 1783; quella meridionale, distrutta in epoca sveva, venne ricostruita con la realizzazione della maestosa cappella del Santissimo Sacramento, provocando esternamente l'avanzamento del corpo della fabbrica ed il conseguente allineamento con l'abside centrale. La chiesa è di tipo basilicale, a croce latina e a tre navate, separate da due file di dieci colonne sulle quali insistono ampie arcate a tutto sesto. Le colonne sono diverse tra loro per materia e tecnica, così come i capitelli; si tratta di materiale di spoglio di età imperiale e tardo-antica proveniente dalle rovine dell'antica Locri Epizephiri. Nel transetto destro si possono ammirare il sepolcro marmoreo di Giovanni e Battista Caracciolo, rispettivamente conti di Gerace nel 1392 e nel 1432; il monumento funebre di Ottavio Polizzi, realizzato da Lorenzo Calamech intorno al 1599. Dal transetto destro si accede alla cappella del Santissimo Sacramento, costruita per volontà della contessa Caterina Concublet moglie del feudatario Giovanni Caracciolo, VI conte di Gerace e conclusa nei primi decenni del '400. La parete absidale completamente rivestita in tarsie marmoree venne completata nel 1638 dai mastri scalpellini messinesi Jacopo Giueni e Antonio Azzarillo, e dagli scultori geracesi Domenico Lucifero, Domenico Francesco Lucifero e Michele Archinà. La navata centrale è interrotta sulla mezzeria da pilastri, sui quali si fronteggiano a destra il monumento funebre del vescovo Diez De Aux (1689-1729) eretto nel 1730 e a sinistra quello del vescovo Ottaviano Pasqua (1575-1591), eretto nel 1591. Sul pilastro di sinistra, infine, è collocata la lastra tombale del vescovo Atanasio Calceopilo (1461-1497). Lungo la navata sinistra, a destra dell'ingresso laterale, vi è un bassorilievo marmoreo raffigurante l'Incredulità di S. Tommaso, opera di ambito gaginiano della prima metà del '500. L'altare maggiore in marmi policromi, opera di Antonio e Giuseppe Palazzotto da Catania e Antonino Amato da Messina, fu realizzato nel 1731 per volere del vescovo Idelfonso Del Tufo (1730-1748). La mensa ecumenica in tufo bianco è stata consacrata nel 1995 dal vescovo Bregantini (vescovo di Locri-Gerace dal 1994 al 2007) con il Metropolita greco-Ortodosso Spiridione in uno spirito di fraterno ecumenismo come è possibile leggere nelle scritte in greco e in latino:
A CASA ‘E GALANTOMANI, BUSSA CH’ I PEDI. A casa di signori, bussa coi piedi. Amaro riferimento del povero all'avidità dei potenti, i "galantuomini" appunto, cui bisogna rivolgersi con le mani cariche di doni (e pertanto bussare alla porta con i piedi). 2. A CASA ‘E ’MPISU NON ‘MPENDIRI LUMERA. A casa d'impiccato non appendere neanche la lucerna. Non parlar di corda in casa d'impiccato. 3. A CASA ‘E RICCU NON SI GUARDA FOCULARU. A casa di ricco non si guarda il focolare. Quando vai da chi ha la dispensa e la cantina ben fornite, non temere: si mangerà sempre bene, anche se la cucina ("focularu") è spenta. 4. A CASA ‘I FORGIARU, SPITU ‘I LIGNU. In casa di fabbro, spiedo di legno. Il colmo dei colmi: il fabbro usa lo spiedo di legno e non quello di ferro. 5. ‘ A CCHIU BRUTTA È ‘A CUDA ‘U SI SCORCIA. La più brutta da scorticare è la coda. La parte conclusiva
CATTEDRALE DI GERACE
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