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Locride, l’esempio dei “grandi”

 

Locride, l’esempio dei “grandi”

Armando La Torre e Carmelo Filocamo, insigni letterati, e due luminari della medicina del calibro di Giovanbattista Multari e Salvatore Gemelli

Intellettuali che hanno hanno tracciato strade che i loro successori non sono stati capaci di intraprendere

La Locride potrebbe rinascere a nuova vita se tenesse a cuore gli insegnamenti dei suoi grandi personaggi che già molti anni addietro hanno tracciato strade che i loro successori non sono stati purtroppo capaci di intraprendere. Anche e soprattutto nel campo della sanità e della cultura. Ne è convinto di ciò il vicepresidente del Cenacolo della cultura e delle scienze della Locride, Luigi Francesco Mileto, che ha deciso di ricordare con una grande manifestazione, appena la situazione epidemiologica lo consentirà, quattro illustri personaggi che certamente hanno segnato la storia della Locride e della Calabria. Si tratta di Armando Latorre, Carmelo Filocamo, Giovanbattista Multari e Salvatore Gemelli. Di loro Mileto ha tracciato un profilo da illustrare soprattutto ai più giovani.

Armando La Torre era un letterato che ha costruito la sua vita sul sapere e sui valori della libertà e dell’eguaglianza. A lui è intitolata la biblioteca di Siderno, e a lui è stato intitolato il Premio letterario della città. Era un uomo dalla vista lunga e acuta. Il tormento della sua esistenza è stato il futuro della Calabria e, in particolare, della sua Siderno. Al momento della sua precoce morte, il grande attore Carmelo Bene, suo amico, scrisse: «Armando la Torre apparteneva a quelle persone che non hanno mai fatto vetrina, ma che hanno lavorato tanto».

Carmelo Filocamo era definito il poeta dell’intelligenza, apprezzato da Italo Calvino per i suoi prodigiosi anagrammi, fu allievo all’università di Messina del finissimo educatore Giacomo Debenedetti e molto amico di Saverio Strati e Walter Pedullà. Un intellettuale gentile, educatore finissimo e di alto profilo professionale. Era un signore distinto, uno che aveva studiato e che si distingueva per il suo profumo di scienza. Un dotto di Calabria innamorato della sua terra che sapeva raccontare al meglio, forte della cultura della Magna Grecia . Un letterato che aveva dato la sua vita per i libri e per la scuola.

Giovanbattista Multari è stato un uomo che ha rappresentato per tante generazioni un esempio. Con lui – hanno scritto autorevoli esperti – è finito l’ ultimo mito di una medicina che purtroppo non potrà più ritornare. Nel 1993, a cura del Rotary Club è stato istituito un prestigioso premio a lui intestato. Fu, tra l’altro, medico volontario nell’ospedale «Principe di Piemonte” di Napoli nel reparto del prof. Monaldi (pneumotisiologia), dal 1939 al 1941. Fu un valente primario all’ospedale “luigi Razza” oggi Ciaccio di Catanzaro, nella cura delle malattie polmonari e fece un importante lavoro scientifico dal titolo “La silicosi polmonare in Calabria”. Fu protagonista di un ottimo studio sui lavoratori nella miniera di Davoli ( CZ) dove la percentuale della polvere di biossido di silicio (le cui particelle si depositavano negli alveoli polmonari) era del 99,44%, una delle maggiori rilevate al mondo (da qui l’interesse che il lavoro suscitò e che fu richiesto addirittura dalla Russia e dal Giappone). La pubblicazione era particolarmente puntuale e attenta, corredata anche di reperti autoptici dei poveri minatori che erano deceduti in seguito alla patologia.

Salvatore Gemelli era «medico che leggeva nell’animo umano e scriveva poesie e storia». Il suo impegno sociale con la fondazione di associazioni a favore degli anziani dei portatori di handicap, rappresentava la sua vera vocazione. Si distingueva per l’argomentare pacato e il tratto signorile, ma sapeva essere convincente sui temi della bioetica e dei diritti civili. Coltivava con passione il terreno del “noi“, quello spazio concreto in cui si realizza il bene comune. Ma era anche consapevole che la “città del noi” non può resistere alla prova se imperano l’individualismo, la diffidenza o il timore che l’altro sia una minaccia.

Quattro veri “miti” del nostro novecento che molta gente di Calabria ancora ricorda e che, il “Cenacolo” vuole, adesso, riproporre all’attenzione dei più giovani.



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